PARACHIRURGIA
TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
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Interventi parachirurgici
ANATOMIA E FISIOLOGIA DELL'APPARATO VISIVO
L’apparato visivo ha la funzione di ricevere gli stimoli luminosi provenienti dall’ambiente esterno, trasformarli in impulsi elettrici
e convogliarli, attraverso le vie ottiche, al cervello, sede in cui l’immagine verrà elaborata e percepita.
Nell’ambito dell’apparato visivo si distinguono due ordini di strutture: quelle direttamente correlate al fenomeno della visione , atte cioè alla percezione, alla conduzione e all’interpretazione delle immagini,
e le strutture accessorie, che offrono supporto e protezione.
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Le strutture direttamente coinvolte nel fenomeno della visione sono gli occhi (o bulbi oculari), le vie ottiche e i centri nervosi connessi
a tali vie. -
Le strutture accessorie comprendono le palpebre, la congiuntiva,
le pareti della cavità orbitaria, il corpo adiposo dell’orbita, le fasce che avvolgono il bulbo oculare, i muscoli dell’occhio, i vasi ematici e le vie lacrimali.
BULBO OCULARE
L’occhio (o bulbo oculare) è una struttura anatomica di forma sferoidale, con asse maggiore anteroposteriore di 24,2 mm. In esso si possono distinguere due poli: uno anteriore, corrispondente al centro della superficie corneale, ed uno posteriore che cade sulla superficie posteriore della sclera in un punto diametralmente opposto. I due poli sono uniti da un asse immaginario, detto asse anatomico. Vengono chiamate meridiani le circonferenze che passano per i due poli.
Si distinguono in particolare un meridiano verticale ed un meridiano orizzontale, e fra questi una serie di meridiani obliqui.
L’equatore è il cerchio perpendicolare all’asse anatomico, equidistante dai due poli. Il piano che passa per l’equatore suddivide l’occhio in due segmenti: un segmento anteriore ed un segmento posteriore.
La funzione del bulbo oculare è quella di ricevere gli stimoli luminosi provenienti dall’ambiente esterno e di convertirli in impulsi elettrici che, attraverso le vie ottiche, sopraggiungeranno al cervello, a cui spetterà l’importante compito di elaborare e percepire l’immagine.
Nel bulbo oculare si distinguono una parete ed un contenuto. La parete è costituita da tre tonache concentriche che, nel loro complesso, delimitano una cavità, scomponibile a sua volta in tre compartimenti:
la camera anteriore, la camera posteriore e una terza cavità occupata da una struttura gelatinosa detta corpo vitreo. Le tre tonache che costituiscono la parete dell’occhio, dall’esterno all’interno, prendono il nome di tonaca fibrosa, tonaca vascolare e tonaca nervosa.
TONACA FIBROSA
È la tonaca più esterna dell’occhio e la sua funzione è quella di contenere la spinta della tensione endo-oculare, oltre a costituire il punto di attacco della muscolatura estrinseca. È costituita dalla sclera (che costituisce i 5/6 posteriori della tonaca fibrosa) e dalla cornea
(che costituisce il sesto anteriore della tonaca fibrosa).
Il tratto di passaggio tra cornea e sclera prende il nome di limbus corneo-sclerale.
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La sclera rappresenta la sede di ancoraggio dei muscoli extraoculari. È provvista di alcuni fori, la cui presenza serve a garantire il passaggio di vasi e nervi. Il nervo ottico la attraversa posteriormente in corrispondenza della lamina cribrosa.
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La cornea è un tessuto trasparente non vascolarizzato
e rappresenta il primo elemento del sistema diottrico oculare
che consente di focalizzare i raggi luminosi sulla retina.
La cornea è costituita da tre strati che, procedendo dall’esterno verso l’interno, corrispondono all’epitelio, lo stroma e l’endotelio. L’epitelio
e lo stroma sono tra loro separati dalla membrana di Bowman, mentre lo stroma e l’endotelio sono separati dalla membrana di Descement.
L’epitelio, a palpebre aperte, è a contatto con il mondo esterno, mentre a palpebre chiuse è a contatto con il sacco congiuntivale. Tale epitelio è costituito da cellule provenienti dal limbus, nel cui contesto si trovano cellule staminali. Lo stroma corneale è costituito da fibre collagene, disposte ortogonalmente; l’endotelio è posto a contatto con l’umore acqueo e assorbe acqua dalla cornea.
Sia la cornea che la sclera sono prevalentemente costituite da collagene. Tuttavia, nella sclera i fasci di fibre collagene sono disposti in modo disordinato e sovrapposto, mentre nella cornea i vari fasci di fibre sono perfettamente ortogonali. È proprio tale organizzazione ultrastrutturale che spiega la trasparenza della cornea, l’opacità della sclera e la sua conseguente invalicabilità da parte dei raggi luminosi.
TONACA VASCOLARE (O UVEA)
È la tonaca che si interpone tra la retina e la tonaca fibrosa. Si tratta di una struttura di consistenza spugnosa, costituita da vasi e spazi connettivali contenenti numerosi melanociti. È costituita da tre componenti, che in direzione antero-posteriore corrispondono a iride, corpo ciliare e coroide. L’iride svolge una funzione paragonabile a quella che il diaframma svolge in una macchina fotografica, deve cioè regolare il quantitativo di luce che raggiunge la retina, così come il diaframma di una macchina fotografica regola il quantitativo di luce che raggiunge la pellicola. L’iride svolge questa funzione grazie all’azione di due muscoli, che regolano una apertura centrale detta pupilla, lievemente eccentrizzata nel settore inferonasale. Il primo muscolo che entra in gioco in tale processo prende il nome di muscolo dilatatore della pupilla e il suo compito è quello di fare dilatare la pupilla, fenomeno questo che prende il nome di midriasi. Al contrario, il muscolo costrittore della pupilla, come la stessa denominazione suggerisce, presiede alla costrizione pupillare, un fenomeno noto come miosi. La midriasi è sotto il controllo del sistema ortosimpatico, mentre la miosi è governata dal sistema parasimpatico. Ne discende che i farmaci simpaticomimetici (adrenalima, dipivalipinefrina e fenilefrina) danno luogo a midriasi, laddove i farmaci parasimpaticomimetici (acetilcolina e pilocarpina) inducono miosi. Allo stesso modo, i farmaci parasimpaticolitici boccando la colinomimesi, liberando l’azione del muscolo dilatatore e inducendo così midriasi (atropina e tropicamide).
Il riflesso pupillare è un arco sensitivo-motorio infulcrato nel nucleo mesencefalico di Edinger-Westphal, che si serve nell’afferenza delle vie ottiche pregenicolate e nell’efferenza del nervo oculomotore comune
(III paio di nervi cranici). L’iride è costituita da uno stroma contenente melanociti, la cui quantità condiziona il diverso colore degli occhi.
Tra iride e cornea insiste un angolo detto “angolo iridocorneale”, una struttura che, grazie alla sua sofisticata architettura trabecolare, svolge l’importante funzione di filtrare l’umore acqueo, un liquido incolore
e povero di albumina prodotto a livello del corpo ciliare. Dall’interno verso l’esterno, il trabecolato iridocorneale viene suddiviso in trabecolato uveale, corneosclerale e iuxtacanalicolare. Quest’ultimo comunica con un condotto detto canale di Schlemm, che raccoglie l’umore acqueo filtrato per condurlo, attraverso le vene episclerali, ai sistemi venosi orbitali, e da qui al circolo ematico generale.
Il corpo ciliare è una componente della tonaca vascolare interposta tra iride e coroide. È costituito da:
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orbicolo ciliare, che inizia dall’ora serrata e si estende in avanti per circa 4mm;
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corona ciliare, che si continua davanti all’orbicolo e che si caratterizza per la presenza dei processi ciliari, la cui funzione è quella di produrre l’umore acqueo.
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muscolo ciliare, che occupa la parte antero-esterna del corpo ciliare. Nel muscolo ciliare si distingue una parte più vicina alla sclera a fibre prevalentemente longitudinali (muscolo di Brucke)
e una parte più mediale con fibre a disposizione anulare (muscolo di Müller). Il tono del muscolo ciliare controlla lo stato di contrazione/rilasciamento del cristallino.
La cosiddetta zonula di Zinn è costituita dai legamenti che si inseriscono sul cristallino.
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La coroide rappresenta il tratto più posteriore della tonaca vascolare e si estende fino all’ora serrata, una linea festonata posta poco avanti all’equatore. La sua faccia esterna è connessa con la faccia profonda della sclera, attraverso uno strato di connettivo lasso detto lamina sovracoroidea. Ha il compito di apportare nutrimento alla retina ma ha anche la funzione di assorbire la luce, dopo che questa ha attraversato la retina, evitandone in questo modo la diffrazione. Se non esistesse tale meccanismo ci si ritroverebbe in una condizione di continuo abbagliamento.
TONACA NERVOSA
Dopo avere attraversato cornea, camera anteriore, pupilla, cristallino
e corpo vitreo, lo stimolo luminoso viene raccolto dalla retina. La retina corrisponde alla tonaca più interna dell’occhio e si trova adagiata sull’epitelio pigmentato, che la separa dalla coriocapillare, con l’interposizione di una sottile lamina detta membrana di Bruch.
Quest’ultima rappresenta lo strato più interno della coroide e fornisce supporto vascolare agli strati più interni della retina. La retina è suddivisibile in tre strati:
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Strato dei fotorecettori: è lo strato più esterno della retina, giustapposto all’epitelio pigmentato.
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Strato delle cellule bipolari: è lo strato intermedio.
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Strato delle cellule gangliolari: è lo strato più interno della retina, da cui si dipartono le fibre ottiche che costituiranno il nervo ottico. Tali fibre sono separate dal corpo vitreo da una membrana detta limitante interna.
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In sintesi, lo stimolo luminoso supera lo strato delle cellule gangliolari
e bipolari, raggiunge i fotorecettori e si tramuta in potenziale elettrico. Dopo di che torna indietro attraverso le cellule bipolari e gangliolari, per essere poi trasferito, attraverso le fibre di queste ultime, alle stazioni visive cerebrali. Il messaggio luminoso viene dunque raccolto per prima dai fotorecettori, ovvero dai coni e dai bastoncelli.
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I coni sono concentrati nella regione centrale della retina, la macula, in modo particolare nella fovea (grande circa 200 micron). Sono deputati alla visione fine, al riconoscimento delle forme e dei colori e funzionano solamente in condizioni di buona illuminazione. Presentano tre tipi di pigmento, sensibili rispettivamente alla luce rossa, verde e blu.
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I bastoncelli sono diffusi in tutta la retina e sono preposti alla visione crepuscolare. Hanno una altissima sensibilità alla luce ma hanno scarsa sensibilità per le forme e nessuna sensibilità per i colori.
Il fotopigmento bastoncellare rodopsina perde il suo colore rosso porpora per azione della luce.
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Lo stimolo di più bastoncelli viene convogliato verso una sola cellula bipolare, mentre il rapporto coni/cellule bipolari è di 1:1.
Lo strato dei fotorecettori, lo strato delle cellule bipolari e lo strato delle cellule gangliolari costituiscono la retina neuro-sensoriale. Profondamente a questa si localizza l’epitelio pigmentato, che svolge funzione di sostegno dei fotorecettori e assorbe la luce, evitando che questa rifletta in altre direzioni. Inoltre, l’epitelio pigmentato assorbe i prodotti del catabolismo dei fotorecettori.
L’epitelio pigmentato è nutrito dalla coroide, differentemente dalla retina neurosensoriale che viene invece nutrita dai vasi. In realtà le cellule bipolari potrebbero essere intese come uno spartiacque tra il nutrimento corioideo e quello retinico.
Nella retina devono essere poi distinte due porzioni: la retina cieca, che si estende dall’ora serrata in avanti, e la retina visiva, che si estende dall’ora serrata alla papilla ottica. L’ora serrata è una struttura festonata che funge da demarcazione tra corpo ciliare e coroide.
Gli strati più interni della retina sono irrorati dall’arteria centrale della retina, ramo dell’arteria oftalmica. Il sangue refluo è invece drenato dalla vena omonima, che si riverserà nella vena oftalmica.
IL PERCORSO DELLA LUCE NELL’OCCHIO
Nel suo viaggio intraoculare, la luce incontra una serie di lenti naturali,
il cui compito è quello di convogliare le informazioni luminose sulla retina. Seguendo il percorso della luce nell’occhio, questa incontra per prima la cornea. Al di sotto della cornea si trova la camera anteriore (CA), nel cui contesto giace l’umore acqueo, un liquido che svolge funzioni rifrattive e trofiche che viene prodotto dai corpi ciliari. A diretto contatto con l’umore acqueo della camera anteriore si trova l’iride, una struttura che corrisponde al tratto più anteriore della tonaca vascolare.
Il CRISTALLINO
Superata la pupilla, cioè un orifizio posto più o meno al centro dell’iride, la luce incontra la seconda lente dell’occhio: il cristallino.
Il cristallino è tenuto sospeso dietro l’iride da un insieme di fibre collagene dette fibre zonulari. Nella estremità opposta a quella del cristallino, tali fibre sono connesse con il muscolo ciliare, la cui funzione è quella di modificare la forma del cristallino, consentendo in questo modo la messa a fuoco di oggetti posti a distanze diverse.
Tale processo di focalizzazione è tecnicamente noto come accomodazione e tende, con il passare degli anni, ad essere meno efficiente. L’ammontare dell’accomodazione è uguale in entrambi gli occhi, giacché l’innervazione accomodativa è ugualmente distribuita.
In altre parole, il processo accomodativo è equipotente e non si può dunque accomodare in maniera differente nei due occhi.
Il progressivo irrigidimento del cristallino con l’avanzare dell’età creerà
i presupposti per lo sviluppo della presbiopia, che comporterà la necessità di indossare lenti correttive per la lettura ravvicinata.
Il cristallino è costituito da un nucleo, da una corticale e da una capsula esterna. L’area interposta tra iride e cristallino prende il nome di camera posteriore (CP) ed è occupata, come la camera anteriore, dall’umore acqueo.
CORPO VITREO
Posteriormente al cristallino si trova il corpo vitreo, un gel trasparente contenuto in una membrana detta ialoide. Il corpo vitreo assolve ad una triplice funzione: trofica, rifrattiva e morfostatica. Quest’ultima funzione corrisponde alla capacità del corpo vitreo di mantenere la retina adesa agli strati sottostanti.
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Cornea, cristallino e corpo vitreo sono privi di vasi, affinché venga garantita assoluta trasparenza a tali mezzi diottrici. La loro nutrizione avviene attraverso diffusione dall’umore acqueo.
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La cornea ha un potere di 43 diottrie, derivante dalla somma algebrica del potere convergente di +48 della sua superficie anteriore con il potere divergente di -5 della sua superficie posteriore; il cristallino ha invece un potere di 17 diottrie, che è comunque variabile in base al livello di accomodazione. Il potere diottrico complessivo dell’occhio è quindi di circa 60 diottrie.
VIE OTTICHE
Il nervo ottico può essere interpretato come un ponte di sostanza bianca teso tra retina e diencefalo, costituito dall’insieme degli assoni delle cellule gangliolari. Differentemente dai nervi periferici non
è avvolto dalle cellule di Shwann. Esso può essere obiettivamente visualizzato nella zona centrale della retina, 3-4 mm medialmente
e 0,5 mm al di sotto del polo posteriore, e nasalmente rispetto alla macula lutea. Tale area è nota come disco o papilla ottica. In essa gli assoni delle cellule gangliolari (in numero variabile da 500.000 a un milione) “si inginocchiano” per costituire il nervo ottico. Inoltre, nel suo contesto, è presente una piccola escavazione fisiologica, da cui fuoriescono i vasi retinici. Non essendo ricoperta dalla retina la papilla ottica è una zona cieca.
Parte delle fibre nervose del nervo ottico decusserà in corrispondenza del chiasma ottico. Le fibre che decussano sono quelle che provengono dall’emiretina nasale di ciascun occhio. Queste fibre si uniranno con le fibre provenienti da ciascuna emiretina temporale,
che invece si mantengono omolaterali. Subito dopo, le fibre temporali omolaterali e quelle nasali controlaterali, costituiscono i tratti ottici
e si dirigono verso il talamo nei corpi genicolati laterali. Da qui, dopo una stazione sinaptica, attraverso le radiazioni ottiche di Gratiolet, il messaggio viene trasferito alla corteccia occipitale (area 17 di Brodmann o area striata, circondata dalla aree 18 parastriata e 19 peristriata, vale a dire aree associative di decodificazione
ed integrazione dello stimolo visivo che raggiunge l’area 17).
Spetterà al cervello unire le due immagini provenienti da ciascun occhio, attraverso un fine processo detto fusione sensoriale. Punti retinici dei due occhi che localizzino lo stimolo nello stesso punto dello spazio sono detti punti retinici corrispondenti. È proprio grazie
alla fusione sensoriale che è possibile avere il senso della profondità (stereopsi). La visione stereoscopica rappresenta infatti il più alto grado di collaborazione binoculare. La possibilità di vedere in 3D dipende dalla capacità di guardare gli oggetti in diverse prospettive: l’occhio destro esplora secondo una prospettiva, l’occhio sinistro secondo un'altra prospettiva.
CAVITÀ ORBITARIA
La cavità orbitaria è una cavità di forma piramidale, con apice sul fondo, che circonda e protegge il bulbo oculare. Tale cavità è costituita da 7 elementi ossei: frontale, zigomatico, mascellare, lacrimale, etmoide, sfenoide, palatino. Nel suo contesto sono presenti il foro ottico, la fessura orbitaria superiore e la fessura orbitaria inferiore.
Il foro ottico da passaggio al nervo ottico e all’arteria oftalmica; la fessura orbitaria superiore da passaggio al III, IV e VI nervo cranico, alla branca oftalmica del V e alle vene oftalmiche.
Oltre che dal tessuto adiposo, che funge da cuscinetto, il bulbo oculare è circondato da una fascia connettivale detta capsula di Tenone,
che ingloba anche i muscoli extraoculari e che anteriormente si fonde con la congiuntiva bulbare. Questa è in continuità con la congiuntiva palpebrale, la quale, a livello del canto interno (o angolo interno), si ispessisce per costituire due formazioni: caruncola e plica semilunare.
PALPEBRE
Le palpebre sono veli muscolo-membranosi, il cui compito è quello di proteggere il tratto di bulbo oculare non circondato dalla cavità orbitale. Oltre a proteggere il bulbo oculare, le palpebre hanno l’importante funzione di umettare la superficie corneale attraverso l’ammiccamento, che provvede alla stabilità e alla distensione del film lacrimale.
Trattasi di strutture particolarmente elastiche, costituite da:
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Cute
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Sottocute
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Muscolo orbicolare: ha la funzione di chiudere la rima palpebrale.
È innervato dal VII nervo cranico ed è costituito da una disposizione concentrica delle fibre muscolari. -
Muscolo elevatore della palpebra: la sua funzione è quella di aprire la rima palpebrale. È presente solo nella palpebra superiore ed è innervato dal III nervo cranico.
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Strato fibroso: comprende le lamine tarsali e i legamenti larghi.
Il tarso è una struttura connettivale rigida.
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Strato mucoso (congiuntiva palpebrale)
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Nelle palpebre si individuano una faccia esterna, una faccia interna,
le commissure, un margine libero (in cui si impiantano le ciglia) e un margine aderente. Nel margine libero si distingue poi una porzione lacrimale, una porzione ciliare, un labbro anteriore ove si dispongono
le ciglia e un labbro posteriore con gli orifizi ghiandolari .Il movimento
di chiusura delle palpebre (ammiccamento) ha la funzione di creare un film protettivo, che permette di mantenere l’occhio umido, deterso e lubrificato. Tutto ciò sarà fondamentale per il mantenimento della trasparenza corneale.
GHIANDOLE LACRIMALI E VIE LACRIMALI
L’apparato secretore è costituito da diverse ghiandole. La ghiandola lacrimale principale è una ghiandola esocrina, localizzata in una depressione anterolaterale dell’osso frontale. Essa presiede alla produzione della componente acquosa del film lacrimale. Contribuiscono in misura minore a tale funzione le ghiandole di Krause e di Wolfring. Le ghiandole tarsali di Meibonio e di Zeiss producono invece un materiale lipidico.
Le vie di deflusso delle lacrime (apparato escretore) prendono inizio dai punti lacrimali superiore e inferiore, localizzati nel versante interno delle palpebre. Da qui, le lacrime passano nel sacco lacrimale per via dei canalicoli lacrimali, quindi, attraverso il dotto nasolacrimale, raggiungono il meato nasale inferiore.
La vascolarizzazione delle palpebre e degli annessi oculari è garantita dall’arteria facciale, ramo della carotide esterna, e dall’arteria oftalmica, proveniente dalla carotide interna. Il drenaggio venoso è assicurato invece dal seno cavernoso e dalle vene giugulari.
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MUSCOLATURA OCULARE ESTRINSECA
La muscolatura estrinseca dell’occhio comprende:
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Muscoli retti: retto superiore, retto mediale, retto inferiore, retto laterale
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Muscoli obliqui: grande obliquo, piccolo obliquo
I muscoli extraoculari (con l’eccezione del muscolo obliquo inferiore) originano dall’apice dell’orbita, a partire da una struttura fibrosa nota come anello di Zinn. I muscoli retti si inseriscono a diversa distanza dal limbus. I muscoli obliqui hanno inserzioni posteriori: l’obliquo superiore si inserisce lateralmente al retto superiore, dopo essere passato attraverso la troclea; l’obliquo inferiore, l’unico a non provenire dall’anello di Zinn, ha la sua inserzione molto indietro, in un area compresa tra retto laterale e retto inferiore.
L’innervazione della muscolatura estrinseca dell’occhio è fornita da:
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III (oculomotore comune): controlla retto superiore, retto mediale, retto inferiore, piccolo obliquo.
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IV (trocleare): controlla il grande obliquo.
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VI (abducente): controlla il retto laterale.
VASCOLARIZZAZIONE DELL’OCCHIO
La rete vasale dell’occhio comprende due sistemi indipendenti: quello dei vasi ciliari per la sclera e la tonaca vascolare, e quello dei vasi retinici per la retina e per l’estremità distale del nervo ottico.
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Il sistema dei vasi ciliari è formato dalle arterie e dalle vene ciliari
e dalle vene vorticose. Le arterie ciliari si distinguono in arterie ciliari anteriori e arterie ciliari posteriori. Le arterie ciliari anteriori nascono dai rami muscolari dell’arteria oftalmica e seguono i tendini dei muscoli oculari. Dopo avere irrorato la sclera la perforano e arrivano alla coroide a livello del muscolo ciliare, ove parteciperanno alla costituzione del cerchio arterioso dell’iride. Le arterie ciliari posteriori nascono dall’arteria oftalmica. Il circolo venoso ha un decorso solo in parte sovrapponibile a quello arterioso. Infatti, al sistema delle vene ciliari si aggiunge il sistema delle vene vorticose originante dalla coroide.
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Il territorio vascolare retinico è alimentato dall’arteria centrale della retina, proveniente dall’arteria oftalmica.